Pubblicato in "Signore cortese e umanissimo - Viaggio intorno a Ludovico Ariosto", Marsilio, 1994
Diego Cuoghi
Per la definizione delloriginale collocazione del Camerino Dipinto e del Paradiso nella Rocca di Scandiano
Laffascinante tema della originaria ubicazione dei due ambienti affrescati da Nicolò DellAbate allinterno della rocca di Scandiano (il Camerino, con le storie dellEneide, e il Paradiso, con il grande Convito degli Dei 1 e le vele dipinte con i Personaggi musicanti), è stato oggetto di ipotesi avanzate da numerosi studiosi, mai suffragate da una precisa documentazione. Lesame del materiale darchivio di recente reperito negli Archivi di Stato di Reggio Emilia, Modena e Ferrara permette ora, con maggiore sicurezza, non solo localizzare i due ambienti allinterno della rocca, ma pure di avanzare ipotesi attendibili riguardo le loro dimensioni e la disposizione dei dipinti al loro interno.
Il feudo di Scandiano si è andato affermando tra il quindicesimo e il sedicesimo secolo, grazie al buon governo dei Boiardo, raggiungendo un alto livello di vita sociale e culturale. In particolare Giulio Boiardo tra il 1520 e il 1540, proseguendo i lavori avviati dal padre, dà inizio alla trasformazione del paese e allabbellimento della rocca. Ledificio, da primitivo fortilizio medioevale destinato alla difesa, si trasforma in un sontuoso palazzo rinascimentale ornato di pitture e sculture, di arredi e preziose suppellettili e dotato di una fornita biblioteca, luogo di villeggiatura e di operoso ozio, preferito dal poeta Matteo Maria Boiardo e poi dai suoi eredi. Nellambito di questa fase di rinnovamento assume grande rilievo la commissione a Nicolò DellAbate dellesecuzione di un ciclo di affreschi, allesterno e allinterno della stessa rocca.2 Nellappartamento di Giulio Boiardo vengono dipinti ad affresco due ambienti che per il committente devono esprimere il raggiunto prestigio e il consolidato potere. In particolare il Camerino o Studiolo rappresenta allinterno di tanti palazzi dellepoca il locale più elegante e raffinato, vero centro della casa vissuto come «un valore di exemplum etico da cogliere attraverso la valenza simbolica dellimmagine».3La presenza di Nicolò a Scandiano è stata recentemente stabilita con sicurezza da Orianna Baracchi grazie al ritrovamento di un inedito atto notarile che permette di attestare il trasferimento dellartista da Modena a Scandiano, dove risiede per tre anni dal 1540 al 1543.4 Viene così confermata lipotesi già esposta da Sylvie Beguin, curatrice della mostra su Nicolò dellAbate allestita a Bologna nel 1969, secondo la quale lesecuzione degli affreschi di Scandiano può essere datata intorno al 1540,5 datazione che viene però accettata dalla critica più recente soltanto per il camerino dellEneide, mentre, come afferma Pirondini, «si tende a postdatare la decorazione della Sala del Convito per i forti influssi parmigianineschi».6 Gli affreschi del Paradiso (ill. n°7-8) sarebbero stati realizzati, secondo lo stesso studioso, negli anni tra il 44 e il 45, in una fase di lavori strettamente contigua, o forse intersecantesi, con i cicli decorativi della vicina Sassuolo.
Il Camerino dellEneide, realizzato come si è detto tra il 1540 e il 1543, viene utilizzato per un breve periodo, così come lappartamento del quale fa parte. Giulio Boiardo muore infatti nel 1553 e il feudo passa in eredità, in mancanza di discendenti maschi, al fratello Ippolito, il quale, infermo di mente, governa per mezzo di speciali curatori assegnatigli dal duca dEste fino al 1560 quando muore senza eredi. Successivamente i nuovi feudatari, i Thiene che governano dal 1565 al 1623, affidano allarchitetto Giovan Battista Aleotti la ristrutturazione dellala opposta della rocca per ricavare lappartamento residenziale.7 Anche lala sud viene, nel corso di questi lavori, completamente sventrata per par posto alla nuova facciata, allo scenografico scalone, e alla grande sala centrale. Inoltre alla metà del 600 una delle camere dei Boiardo, quella in fronte alla Galleria, è trasformata, con lapertura di una ampia serliana, in loggia aperta verso il giardino ad est. Lappartamento dei Boiardo, o meglio quello che ne rimane viene così ad essere isolato in unala della rocca non utilizzata dai nuovi feudatari e lasciato quasi in abbandono. Molti inventari della rocca redatti dalla fine del 600 al 1752 descrivono infatti le camere dellala est piene di suppellettili e mobili vecchi, usi e laceri. Loriginale configurazione del Camerino dipinto è rimasta fino ad oggi sconosciuta anche per lassenza di precisi documenti archivistici o descrittivi relativi allassetto distributivo dei lati est e nord della rocca. Inoltre la mancanza di testimonianze dirette relative al lavoro di distacco degli affreschi ostacolava la ricostruzione di questi ambienti.
Il lavoro critico fondava le proprie ipotesi quasi esclusivamente sulle misure degli affreschi che, staccati dallo scultore bolognese Sebastiano Pantanelli nel 1772, sono trasferiti a Modena e sistemati nella Gran Sala del Palazzo Ducale. Nel 1815 un rovinoso incendio danneggia irreparabilmente «tre quadri dellEneide, le otto donne dei pennelli della volta, un monocromato e due quadretti semicircolari».8 Infine i dipinti superstiti, dopo il restauro e il trasporto su tela, vengono depositati presso la Galleria Estense. Della camera del Paradiso rimangono invece, oltre ad una metà del grande affresco del soffitto, sedici vele della volta dipinte con figure di musicanti.
Il primo studioso a tentare una ricostruzione del Camerino è Giambatista Venturi, che nel 1821 dà alle stampe un grande in folio 9 contenente una attenta descrizione dei dipinti, un saggio sullattività di Nicolò DellAbate e le opere di diversi altri artisti che hanno rappresentato lEneide, ma soprattutto una serie di incisioni realizzate da Antonio Gajani e da Giulio Tomba tratte da disegni eseguiti prima dellincendio. Queste riproducono i dodici canti del poema, otto vele con figure femminili, nove battaglie monocrome e lottagono del soffitto. Non vengono invece rappresentate le lunette, probabilmente perchè non attinenti al tema virgiliano ma raffiguranti soggetti riferiti alla famiglia Boiardo, a episodi storici o momenti di vita quotidiana nel feudo di Scandiano.Secondo Venturi nel Camerino «vedevansi quattro ordini di pitture. Il primo, più basso degli altri e sottoposto allEneide, cominciava alto da terra a circa tre quarti di metro e di là ascendeva per altri 80 centimetri. Quivi erano dipinti gruppi di guerrieri larghi circa mezzo metro per ciascheduno. Nove dei quali trasportati col resto a Modena sussistono anche oggidì. (...) il secondo ordine di pitture, posto sopra il precedente, conteneva i quadri dellEneide sopra descritti: ciascuno di essi alto 110 centimetri e largo chi 80 centimetri e chi sino a un metro. Questo secondo ordine di pitture ascendeva fin verso la cornice del Gabinetto (...). Sopra la cornice aprivansi nel volto della stanza diverse lunette corrispondenti ai sottoposti quadri dellEneide (...) otto donne che stavano nei pennelli della volta fra ogni due lunette larghi tali archi un metro circa nella tangente rettilinea della loro cima e solo 15 centimetri nella base appoggiata al basso fra due lunette». Venturi descrive il Camerino dopo una lunga ricerca, documentata da una serie di appunti manoscritti conservati nella Biblioteca Municipale di Reggio Emilia.10 Tra questo materiale si trova la minuta di una lettera con la quale lo studioso richiede a Paolo Braglia, allepoca proprietario della rocca, notizie relative alla forma del Camerino e alle dimensioni degli affreschi. Un semplice sopralluogo allinterno della rocca non sarebbe stato sufficiente, infatti il piano nobile dellala est, dopo il distacco degli affreschi, è stato completamente sventrato e adibito a granaio. Nonostante fossero passati solo quarantanni dal distacco degli affreschi Venturi raccoglie solo notizie vaghe e imprecise.11
(due battaglie)
I risultati di queste prime indagini sono condensati in due appunti corredati da schizzi degli elementi decorativi e della pianta dellambiente. Nel primo si afferma che «i quadri dellEneide sono alti 110, larghi da 88 a 100. Le Donne sono larghe in cima 100, in fondo 15, alte secondando larcata 90. Le battaglie sono alte 80, larghe 41 e 50. Lottagono è largo 75. I suoi lati sono 31.». Nel secondo documento Venturi propone una pianta del Camerino rappresentato come un rettangolo di «lunghezza di braccia undici e larghezza di braccia sette», con due finestre e un camino sul lato verso il giardino e una sola porta che comunica con una stanza a sud. Il Camerino è inoltre separato dal lato delledificio verso il cortile interno da un andavino». Convertendo le misure che Venturi indica in braccia reggiane (metri 0,538) otteniamo un ambiente di metri di 5,90 x 3,75.
Una ricostruzione successiva è quella tentata da Roberto Gandini nel 1981,12 nella quale viene avanzata lipotesi della presenza di due porte che mettono in comunicazione il Camerino con gli altri ambienti dellappartamento dei Boiardo. Il Camerino così ricostruito risulta un ambiente rettangolare delle dimensioni di metri 4 x 3,40, privo di finestre e di camino. Lipotesi di un Camerino oscuro sarebbe confermata secondo lo studioso dalla «attuale buona conservazione dei dipinti e la moda del tempo per simili locali» e dal confronto con i «più noti gabinetti isabelliani di Mantova, a quelli di Belfiore di Ferrara e alla stufetta di Fontanellato, dai quali certamente, quello di Scandiano aveva tratto ispirazione.». Inoltre, continua Gandini, «dei molti atti notarili stilati dai cancellieri dello stato nellappartamento del conte Giulio, mai nessuno fu redatto nel Camerino delle pitture o anche nel Camerino parvo pincto come viene chiamato dai notai».13 Lipotesi secondo cui i camerini dellepoca, e in particolare quelli di Mantova e Belfiore, non presentavano aperture verso lesterno appare non convincente nè sufficientemente documentata. Al contrario, come segnala Liebenwein, il primo studiolo di Isabella dEste, situato nel castello di S.Giorgio, «riceveva luce (...) da una finestra aperta sulla parete orientale, che solo nel maggio 1496 fu trasformata in una porta-finestra»,14 e così i successivi camerini fatti realizzare allinterno del Palazzo Ducale intorno al 1522 presentano ognuno una grande finestra sulla parete meridionale.15
Una diversa ricostruzione è quella formulata da Erika Langmuir nel 1976, in un articolo estratto dalla propria tesi di laurea discussa presso la Stanford University.16 In questo prezioso contributo si ipotizza per la prima volta un ordine di lettura degli affreschi del Camerino in cui lo schema compositivo, e quindi il tema allegorico, segue una successione che dal basso procede verso lalto: dopo unepoca di guerre e lotte tra eserciti rivali (le battaglie) si assiste con lepica storia di Enea, alla fondazione della Civiltà Romana, alla quale fa riferimento lattuale vita armoniosa nei possedimenti dei Boiardo (le lunette), per terminare poi nellapoteosi della famiglia dei feudatari, ritratta nellottagono del soffitto nellatto di osservare con sorrisi benevoli gli avvenimenti che si svolgono al di sotto, e attorniata da musicisti e poeti. Langmuir ricostruisce il Camerino come un ambiente quadrato, nel quale «gli affreschi non dovevano essere raggruppati in due gruppi di quattro e due di due, ma in quattro gruppi di tre, (...) la scala della decorazione conosciuta e la tradizione secondo cui si trattava di un gabinetto o salotto, suggeriscono che fosse piccolo. il soffitto a volte avrebbe compensato la discrepanza nelle misure fra le figure dei pennacchi e il resto della decorazione. Le irregolarità nellampiezza degli affreschi e delle lunette suggeriscono lesistenza di aperture al livello dellEneide, probabilmente finestre. Potrebbero esserci stati originariamente undici monocromi (Venturi ne cita solo nove) più un camino. Avrebbe dovuto esserci una porta. Questo è tutto quello che si sa o che si può plausibilmente ipotizzare».17 Lassenza di ricostruzioni grafiche non permette però di visualizzare in modo preciso lipotesi avanzata che porta alla collocazione delle scene principali al di sopra di uno zoccolo di circa 50 centimetri, e dei monocromi (80 cm.). In questo modo la base degli affreschi raffiguranti lEneide verrebbe a trovarsi ad una altezza (considerando qualche fascia decorativa intermedia) di circa 140 centimetri. La disposizione proposta, se da una parte asseconda la godibilità delle scene, che si troverebbero ad altezza docchio, rende però inevitabile la suddivisione di almeno due delle pareti in quattro comparti, necessari alla collocazione della porta e delle finestre, fatto che contraddice liniziale ipotesi formulata dalla studiosa, cioé la «probabilità della suddivisione delle pareti in tre parti, sia orizzontali che verticali»18. Lunica soluzione che possa rendere accettabile questa ricostruzione è la collocazione ad una maggiore altezza del ciclo pittorico principale, che si verrebbe a trovare così al di sopra della porta dingresso e dunque anche alle finestre.
Rita Parma Baudille in un saggio dedicato agli affreschi scandianesi pubblicato nel catalogo della mostra Virgilio nellarte e nella cultura europea (1981), sostiene che la celebrazione di Enea, rappresentata «in chiave medievaleggiante e cavalleresca» da Nicolò dellAbate «magnificava il committente Giulio Ascanio come erede della politica e delle tradizioni letterarie della famiglia attraverso limplicita analogia con il figlio di Enea, Julio Ascanio, erede materiale e spirituale delle conquiste paterne».19 Nello stesso articolo si propone una nuova ipotesi relativa alla forma del Camerino. In una schematica illustrazione lambiente viene riproposto in forma quadrata: due pareti contengono ognuna quattro canti del poema, le altre solo due dipinti divisi da una grande apertura centrale (porta e finestra).
Nessuna delle succitate ipotesi risulta convincente nè sufficientemente documentata. Si sono così intraprese nuovi studi che hanno condotto alla formulazione di una diversa ipotesi di ricostruzione del Camerino dipinto.
La ricerca prende lavvio dal momento del distacco degli affreschi. Questo avviene nel 1772 per ordine del duca Francesco III, che richiede il trasporto dei dipinti a Modena e la successiva collocazione nella Gran Sala del Palazzo Ducale. Sono stati perciò consultati presso lArchivio di Stato di Modena i fondi nei quali poteva essere stata depositata la documentazione delle spese sostenute per lintero ciclo delloperazione: l Amministrazione della Casa, l Amministrazione dei Principi e soprattutto la cosiddetta Cassa Segreta, un particolare archivio «di recapiti contabili, quasi sempre di particolare importanza, che venivano fin dallorigine conservati a parte, in un armadio chiamato appunto Cassa Segreta».20 La consultazione di serie di filze datate tra il 1772 e il 1774 ha consentito di individuare una serie di testimonianze, molto particolareggiate, relative alle spese sostenute dalla Camera Ducale per i lavori di distacco degli affreschi. Il primo documento, del 18 giugno del 1772, è un fascicolo redatto dallamministratore ducale Vincenzo Fabrizi, nel quale si espongono i risultati di un sopralluogo effettuato presso la rocca di Scandiano «per visitare li risarcimenti che necessariamente si stanno facendo in quella Rocca (...) e per opinare se venivano eseguiti nella conformità prescritta».21Vengono descritti i danni provocati da un fulmine, il giorno 3 dello stesso mese, che avrebbero pregiudicato la stabilità della intera Fabbrica e in particolare del Gabinetto dellEneide, che si presenta in «prossimo pericolo di perire». Fabrizi consiglia il distacco degli affreschi, operazione da affidarsi allo scultore Pantanelli, non nuovo a questo tipo di operazioni. Le pareti del Camerino secondo questa testimonianza «rappresentano specialmente e minutamente i fasti, le avventure e trasformazioni espresse e cantate nellEneide di Virgilio, divise e disposte in dodici quadrati a colore; la soffittura è piena di busti e teste coronate dallori, che raffigurano gli antichi più celebri poeti, oltre altre otto Medaglie o siano Camei meravigliosamente dipinti a chiaro scuro sulla imitazione di Raffaello, che veramente sorprendono per lingegnoso lavoro, per lesattezza e conservazione, sebbene contino tali opere una decorrenza di tempo oltrepassante due secoli. Per il taglio poi e trasporto di tutti questi Quadri in Pareti, e di molti altri pezzi ed altri preziosi fragmenti che formano una Galleria, e Scuola dellingegnoso dipingere del nostro Nicolò, la spesa in tutto e per tutto non oltrepasserà zecchini trenta». In unaltra lettera allegata allo stesso resoconto Pietro Termanini,22 Architetto Ducale e Ufficiale della Munizione delle Fabbriche, descrive il metodo da utilizzarsi per il distacco degli affreschi. Termanini afferma che le pareti del Gabinetto «essendo di matoni e non di sassi e di una testa sola e le pitture della sola larghezza di sedici oncie in circa, non vè difficoltà veruna che non si possano tagliare a pezzo per pezzo rifacendo in gesso il muro tagliato per tagliarne con sicurezza laltro pezzo superiore rifacendo sempre immediatamente il muro tagliato». Si ripete che «il Gabinetto suddetto è in un cattivissimo stato e minaccia ruina si per le ingiurie del tempo come per una recente scossa ricevuta da un fulmine scoppiato nella rocca, onde per non perdere codesta opera insigne di sì valente nostro pittor modenese credo sia bene a levarlo prima che ella di se stessa ruini e si perda».
Loperazione è poi approvata dalla «Segreteria di S.A.Ser.ma, Milano», che precisa come possa aver luogo «loperazione proposta della segatura dei muri dipinti dal celebre Pittore Nicolò Abbate (...) semprechè condur si possa al suo fine con sicurezza di buon esito».23 In unaltra, non firmata, diretta a Vincenzo Fabrizi si dà atto dellapprovazione del progetto di distacco delle pitture e dello stanziamento della cifra di «trenta zecchini per lintera operazione».
Interessantissima tra queste testimonianze è soprattutto la descrizione del Camerino, sino ad oggi sconosciuta, dalla quale si rileva laccenno ad «altre otto Medaglie, o siano Camei meravigliosamente dipinti a chiaro scuro sulla imitazione di Raffaello». È possibile che la descrizione si riferisca in realtà alle vele, oggi perdute ma documentate dalle incisioni, raffiguranti figure femminili in atto di reggere il soffitto (ill. n° 21), ma le forme triangolari delle stesse difficilmente possono essere definite, nelluso corrente, come Medaglie o Camei, termini con i quali solitamente si indicano immagini di forma ovata. Anche la descrizione secondo la quale «la soffittura è piena di busti e teste coronate dallori», lascia supporre che tra il piccolo ottagono (di cm 70 di diametro) al centro del soffitto e le volte esistessero altre raffigurazioni andate successivamente perdute. In un documento datato 3 luglio 1772 si afferma che «si è posta mano al taglio dei muri dipinti del Gabinetto della Rocca di Scandiano»,24 e in un altro datato 6 luglio viene presentato il conto del falegname Felice Pini in cui si descrivono le spese sostenute per la fabbricazione delle casse per trasportare gli affreschi staccati. Questa bolletta segnala «otto sagome per li quadri del suffitto del Camarino dipinto», di «una cassetta», «tre casse sentinate», «11 casse per lunette», «11 casse per incassare li quadri a chiaro scuro», «12 casse grande per li quadroni», «unaltra cassa grande dopia», e «4 altre casse per il suddetto camarino».25
I dati sembrano contraddire quanto fino ad oggi ipotizzato riguardo al numero complessivo degli affreschi del camerino. Le casse costruite per le lunette risultano infatti undici e non dodici, e sarebbero undici anche i quadri a chiaro scuro che vengono imballati nei rispettivi contenitori. Questi ultimi possono essere identificati con le battaglie, ma dalla descrizione di Termanini sappiamo che anche nel soffitto vi erano otto medaglie o camei dipinte a chiaro scuro, la cui presenza è confermata dalle sagome, probabilmente intelaiature, realizzate dal falegname. La ricostruzione risulta complicata anche dalla citazione di diverse altre casse di cui non viene specificato il contenuto.26 Il 17 settembre del 1772, con una lettera indirizzata alla Camera Ducale, Vincenzo Fabrizi, riferisce che è stato ultimato il distacco eseguito sotto la direzione del Pantanelli, e chiede che venga emesso il mandato di pagamento.27 Pagamento a cui successivamente Pantanelli chiederà una aggiunta di cinque zecchini, in considerazione della difficoltà del lavoro e della ottima riuscita dello stesso.28 Purtroppo in queste testimonianze, pur doviziose di informazioni sul lavoro di strappo degli affreschi, non è stata ritrovata, a parte linformazione riguardante non meglio precisati medaglioni o camei e il numero delle casse appositamente costruite per trasportare i dipinti a Modena, nessuna descrizione relativa allambiente dal quale veniva per sempre rimossa lEneide di Nicolò DellAbate.
Un documento individuato e pubblicato recentemente da Orianna Baracchi 29 permette di ricostruire la sistemazione data agli affreschi staccati da Scandiano allinterno della Gran Sala del Palazzo Ducale di Modena. Si tratta di un perizia redatta nel 1811 da Antonio Boccolari per descrivere lo stato dei dipinti e preventivare il costo di un eventuale restauro. Da questa dettagliata relazione che documenta i difetti e le ridipinture di ogni singolo dipinto si può ricavare la originale corrispondenza tra gli affreschi raffiguranti i Canti dellEneide e lunette soprastanti. Boccolari elenca dodici canti dellEneide, dodici lunette e dodici battaglie, mentre non fa alcun cenno alle vele delle volte che invece Venturi pubblicherà nellin-folio del 1821.
Si è detto che è Giambatista Venturi che allinizio dell800 localizza per primo, citando vaghe testimonianze, il Camerino nellala est della rocca, tra il cortile interno e il giardino di ponente. In epoca recente anche Roberto Gandini 30 posiziona il Camerino in questa parte delledificio, basandosi su documenti notarili, e in particolare su un atto firmato «in arce Scandiani in camera versus Casalgrande contigua Camerino dipinto».31 Nessun documento aveva però permesso fino ad oggi di conoscere la precisa disposizione dellambiente allinterno della parte est del complesso, quella che nel corso degli ultimi due secoli ha subito più delle altre demolizioni e riadattamenti.
Il primo dei numerosi progetti realizzati da Giovan Battista Aleotti per Giulio Thiene, finalizzati allampliamento della rocca di Scandiano, ci consente finalmente di conoscere la conformazione dellappartamento dei Boiardo allinterno del quale si trova il Camerino. In questo disegno, conservato a Ferrara presso la Biblioteca Ariostea 32 e databile tra il 1599 e il 1600,33 è rappresentata infatti, a differenza di tutti i progetti successivi, anche lala est della rocca.34 La pianta di Aleotti (ill. n° 3) mostra nellala est due grandi camere principali: la prima è posizionata in fronte alla galleria, che allepoca ha dimensioni più contenute rispetto alle attuali, e a questa fa seguito unaltra camera che comunica con due ambienti più piccoli. Il primo appare come un piccolo andavino che mette in comunicazione la camera centrale dellappartamento con unaltra a nord dalla quale si accede poi alla scala.35 Il secondo ambiente invece riproduce in modo abbastanza fedele il Camerino di Nicolò DellAbate nella forma già ricostruita da Giambatista Venturi.
Il Camerino si rivela così un ambiente a pianta rettangolare, con due finestre che si affacciano a est, e una sola porta che mette in comunicazione con la camera centrale dellappartamento, probabilmente quella del conte Giulio Boiardo. Un incavo tra gli strombi delle due finestre fa apparire probabile la presenza di un camino, mentre lesistenza di aperture viene confermata dallosservazione diretta condotta sulla parete esterna dellala est, nella quale sono riconoscibili con particolare evidenza le tracce di due finestre tamponate nellesatta posizione indicata dalla pianta di Aleotti (ill. n° 28). Ciò conferma lattendibilità del rilievo grafico seicentesco che permette di ricostruire le dimensioni dellambiente: metri 4 x 5 circa.36 Questo pur considerando una inevitabile approssimazione, non trattandosi infatti di un progetto definitivo ma di un disegno che appare finalizzato ad esporre diverse, e in certi casi contraddittorie, proposte di demolizioni e nuove edificazioni.
In base a queste inedite risultanze si è così tentata una ricostruzione del camerino nella quale le misure ed il numero degli affreschi di Nicolò dellAbate fossero compatibili con quelle dellambiente rappresentato nella pianta di Aleotti.
Risulta evidente dal confronto tra i diversi affreschi la maggiore larghezza dei primi due canti dellEneide: rispetto ai rimanenti. Particolarità questa che mi ha fatto pensare ad una loro probabile collocazione, assieme al terzo, oggi perduto, nella parete ovest, alla sinistra di chi entra. Sulla parete seguente (nord) sono dislocati i quattro successivi, larghi circa 85 cm.; lottavo canto, lunico nella parete est, è posizionato tra le due finestre. Nellultima parete, a sud, ritornando verso la porta, sono disposti gli ultimi quattro affreschi che presentano di nuovo una base di 85 centimetri.
Tra una scena e laltra dellEneide rimangono, per i probabili fregi decorativi, circa 25 cm. Si è ipotizzato anche uno zoccolo non decorato, che Venturi afferma essere «tre quarti di metro daltezza», sopra al quale si trovano le battaglie monocrome. In questo modo laltezza da terra delle scene dellEneide, e quindi della porta dingresso risulta di circa 180 cm. Le dimensioni delle battaglie (da 42 a 57 cm di base, per 80 cm di altezza) fanno supporre una loro probabile collocazione a coppie al di sotto dei quadri principali, oppure la presenza di altri elementi decorativi laterali nel caso che ad ogni canto dellEneide corrispondesse in basso una sola battaglia. Laltezza del camerino in questa ricostruzione risulta essere, sommando le altezze di zoccolo, battaglie, canti dellEneide e lunette, di circa metri 3,50; la medesima delle altre stanze che si trovano sullo stesso piano nellala a nord-est. Una di queste, chiamata nellinventario del 1620 il Pavaglione (tav. 3, n°5), è lunica che conserva ancora il soffitto a volte.
Le incisioni di Antonio Gajani e Giulio Tomba, pubblicate nellin folio del 1821 e che si basano su disegni realizzati dallaccademico pontificio bolognese Giuseppe Guizzardi prima dellincendio del 1815, confermano la non trascurabile differenza tra la misura della base dei primi tre canti e dellottavo (oltre un metro) e quella di tutti gli altri (circa 85 cm). Lottavo canto dellEneide oggi misura circa 88 cm, ma in origine doveva avere una maggiore larghezza, probabilmente la stessa dei primi tre che si trovavano sulla parete di fronte. Appare evidente infatti la scomparsa di una decina di centimetri circa nella parte destra, dove lincisione raffigura chiaramente alcune navi, e di altri 3-4 cm lungo il lato sinistro (ill. n° 11).
Un esame sugli affreschi, effettuato durante il recente restauro, conferma ulteriormente lipotesi; lottavo canto appare infatti tagliato lungo i lati destro e sinistro. Differente lo stato degli altri dipinti, nessuno dei quali presenta evidenti segni di mutilazione; quasi tutti anzi conservano il contorno delloriginale riquadratura e tracce di un motivo decorativo color ocra che scandiva la successione delle scene.
Il confronto tra le lunette rivela inoltre la notevole differenza tra un gruppo di otto, dai soggetti e dallo stile più uniformi, e le due denominate Allegoria della pace e Tre ritratti. LAllegoria (ill. n° 18) pare ottenuta dalla rielaborazione di un fregio di tuttaltro genere. Nelle parti a destra e a sinistra sono infatti evidentissime le aggiunte, mentre lo stile della raffigurazione, che si discosta notevolmente da quello delle altre lunette, appare simile a quello di un affresco (ill. n° 22) che fa parte di una serie di cinque frammenti di un fregio a colori riportati su tela e in stato di cattiva conservazione o addirittura rovinatissimi. Oltre a questi, presso la stessa Galleria Estense, è conservata una altra serie di quattro frammenti di un fregio a chiaroscuro certamente di mano di Nicolò, raffigurante episodi di storia romana non ancora individuati».37 Infine, anche laltra lunetta, che raffigura tre volti che sbucano da un cielo nuvoloso (ill. n° 17), risulta certamente composta da frammenti di altre composizioni. I tre ritratti infatti presentano strette consonanze con quelli dellottagono del soffitto e sembrano ricavati da dipinti di piccole dimensioni. Pallucchini descrive queste lunette (e solo queste due) come rifacimenti,38 e lipotesi più attendibile è che si possa trattare di elementi staccati dal soffitto o da altri luoghi del Camerino, ricomposti in questa foggia per sostituire alcune delle originali lunette andate distrutte.
In questa ricostruzione del Camerino ho ipotizzato infatti la presenza di altri elementi decorativi posizionati, oltre che nel soffitto, sopra le finestre. È possibile che, a causa della loro originale collocazione sulla parete est del Camerino, dove le finestre e il camino possono essere stati soggetti ad infiltrazioni di umidità, questi elementi si presentassero al momento del distacco particolarmente danneggiati. Trasportati a Modena assieme ad altri frammenti possono essere stati poi utilizzati per dar vita a nuove composizioni o accantonati a causa del loro cattivo stato di conservazione. Anche la mutilazione subita dallottavo canto, lungo i lati destro e sinistro, i più esposti alle infiltrazioni provenienti dalle due finestre, sembra confermare il degrado di questa parete del Camerino.39
A questo punto rimane da localizzare la sala del Paradiso, dove erano disposte le vele con i Musicanti e il grande affresco raffigurante Il convito di Amore e Psiche. I documenti darchivio che possono rivelarsi maggiormente utili nella ricostruzione della pianta dei palazzi sono gli inventari, atti che venivano redatti soprattutto per documentare e valutare i possedimenti dei feudatari in occasione di successioni ereditarie, e che consentono quasi sempre di riconoscere, seguendo sulle piante degli edifici il percorso compiuto dai compilatori, gli ambienti descritti.Un atto relativo alla rocca di Scandiano, già noto dagli studiosi,40 è l «Inventario di tutti i beni delleredità del marchese Giulio Thiene ordinato dal figlio marchese Ottavio», conservato presso lArchivio di Stato di Reggio Emilia.41 Questo documento ha permesso di verificare, oltre alla descrizione dei mobili, dei paramenti e delle suppellettili esistenti nella rocca alla morte del marchese Giulio Thiene, anche litinerario percorso per catalogare i beni contenuti nei vari ambienti. La camera indicata come Paradiso viene descritta dopo la Sala Grande e la camera detta della chiesa. Dopo il Paradiso seguono poi la camera presso il Paradiso, poi una 2ª camera detta il Pavaione e una 3ª camera.
Altri documenti, successivamente reperiti presso lArchivio di Stato di Modena nei fondi Amministrazione della Casa e Amministrazione dei Principi, vengono a confortarci nella ricerca. Si tratta di cinque inventari (due sono i brogliacci da cui si è stata poi ricavata la stesura definitiva), risalenti agli anni tra il 1666 e il 1673, allepoca in cui Scandiano è assegnata in feudo a Luigi dEste Juniore. Nella Cassa Segreta sono inoltre conservati altri due inventari, redatti nel 1750 42 e 1752.43 Una ricerca presso lArchivio di Stato di Ferrara, e più precisamente nei fondi dellArchivio Bentivoglio, ha poi permesso di reperire altri cinque inventari, molto più precisi di quelli precedenti, risalenti in questo caso al periodo tra il 1634 e il 1640.44
Un ultimo documento che fornisce preziosi ragguagli sulla disposizione degli ambienti allinterno della rocca è il manoscritto Supplemento alla Cronaca di Scandiano redatto intorno al 1740 da Francesco Morsiani. Lo storico scandianese, trascrivendo una memoria del concittadino Livio Pegolotti, racconta larrivo a Scandiano nel novembre del 1620 del Marchese Ottavio II Thiene. Nel descrivere laccoglienza tributata al nuovo feudatario dalle autorità e dalla popolazione scandianesi vengono elencati i doni portati in corteo da un gruppo di persone che, dopo aver attraversato il cortile della rocca e le scale arriva «in sala, (...) e poi nella camera di esso Sig. Marchese che è in capo alla Sala allincontro di quella del Paradiso e voltarono poi per quelle altre camere che guardano in Rocca Vecchia e tornarono nellistessa Sala per luscio vicino a quello di detta Sala e furono poi portate in dispensa et alla beccaria».45
Dallesame di questi documenti è stata così estratta una cospicua serie di indicazioni sulla disposizione degli ambienti oggetto di studio:
Il Paradiso si trova in capo alla Sala, di fronte allingresso della camera del Marchese, dalla quale si passa in altre stanze che guardano in Rocca Vecchia.
Da queste ultime stanze si può tornare alla Sala. (indicazioni tratte dal documento più antico, 1620).
Dopo lanticamera dove è la cappellina si passa nelle camere della Scaiola, poi in quella detta Trota o Trotta.
Dalla camera Trotta detta anche camera del cantone, quindi una camera dangolo, si entra in una camera nuova verso la chiesa dalla quale si accede sia al Paradiso che ad unaltra camera nuova e da questultima ad una Saletta (o Sala).
Dalla Galleria si entra in una Saletta, poi nella camera che fu fatta di nuovo dal Marchese, poi in una camera che guarda al derimpetto della chiesa e di qui al Paradiso.
Il Paradiso si trova immediatamente ad est della camera che guarda verso la chiesa.
Il Paradiso negli inventari redatti tra il 1634 e il 1643 è descritto come un appartamento formato da quattro camere.
Dopo le quattro camere denominate Il Paradiso, procedendo verso est, si arriva alle camere dei Bojardi che contengono il Camerino dipinto.
Dal Paradiso si accede ad altre tre stanze procedendo verso mattina, e da queste ad una scaletta, posta certamente in una posizione dangolo perchè da qui si può entrare in una camera successiva che «è in fronte alla scaletta andando verso il monte» (quindi verso sud).
Vicino al Camerino dipinto si trova un altro camerino.
Da una camera vicina al Camerino delle pitture si passa nella Galleria, e da qui alla Sala e ai Cameroni contigui.
Nella stanza chiamata Camerino, a parte una tavola di noce con scranini o un uomo di terracotta, non si trova mai alcun altro oggetto o elemento di mobilio.Questa serie di indizi e il confronto incrociato operato su tutti gli inventari hanno permesso, insieme alla documentazione planimetrica fornita da varie piante della rocca,46 di ricostruire la successione degli ambienti, attribuendo a questi anche le diverse denominazioni che assumono in rapporto alla ubicazione o a particolari arredi. Viene in tal modo dimostrata la collocazione del Camerino nellala est, allinterno di un appartamento composto da tre stanze principali, mentre la camera denominata Il Paradiso risulta essere, secondo quanto indicato da tutti gli inventari, quella situata sopra lingresso nord della rocca. Il Paradiso comunica verso ovest con la camera che guarda verso la chiesa e verso est con tre ambienti minori (oggi due in seguito a demolizioni), chiamati in alcuni inventari Camerini del Paradiso, che conducono allappartamento dei Boiardo. Contrariamente a quanto ipotizzato da precedenti studi che attribuivano al Paradiso grandi dimensioni, questo ambiente risulta essere in realtà una camera di metri 8 x 4,80, non dissimile dunque da molte altre sale della rocca. La presente ricostruzione, ha una ulteriore conferma dai numerosi manoscritti, appunti e disegni relativi gli affreschi di Scandiano, redatti nei primi anni del diciannovesimo secolo da Giambattista Venturi.47 Tra questi è di particolare interesse un fascicolo contenente due schizzi a matita. Nel primo, ormai quasi illeggibile, è raffigurata schematicamente la pianta della parte della rocca tra lingresso e langolo nord-est, e nella prima camera si può osservare la scritta «Psiche»; nel secondo disegno è rappresentata in modo più nitido la pianta di una stanza contornata da numerose voltine e nella quale si trova un camino. Indicano le dimensioni dellambiente due numeri, 9 e 15, seguiti da un segno illeggibile. Moltiplicando queste misure per il braccio reggiano cioè metri 0,538 si ottengono infatti 4,84 x 8,07 metri, ovvero le misure esatte della camera in questione. Nel disegno sono inoltre indicate venti vele delle volte, allinterno delle quali sono schizzate in modo approssimativo le figure dei musicanti.
La perdita di metà dellaffresco e di alcune vele dipinte da Nicolò dellAbate è con buona probabilità dovuta a crolli e demolizioni che nella seconda metà del secolo diciottesimo interessano le adiacenze della camera del Paradiso. Nel 1772 infatti deve essere ricostruita la parete «in faccia alla chiesa maggiore, che si era staccata affatto dal rimanente del fabbricato»,48 e traccie di questo crollo sono ancora visibili nel muro della camera adiacente al Paradiso, verso ovest (ill. n° 2). Nel 1774 viene invece demolito «il piccolo torrione posto sopra lentrata della rocca di Scandiano, che minaccia di cadere»,49 torrione che doveva quindi trovarsi sopra la camera del Paradiso. Probabilmente si tratta della torretta che compare con evidenza, assieme alla torre vecchia della rocca di Scandiano (demolita allepoca dei Bentivoglio, 1634-1643) nella lunetta di Nicolò DellAbate definita Corteo principesco.
Mancano notizie certe, contrariamente al Camerino, dei lavori di distacco degli affreschi dalla camera del Paradiso. È stato ipotizzato che Antonio Boccolari, docente presso lAccademia modenese e ristoratore di quadri possa aver eseguito il distacco.50 Un esame sui documenti dellArchivio Boccolari permette però di identificare con sicurezza le parti della rocca oggetto dellintervento di strappo effettuato nel 1804, cioè la parete nord del cortile e linterno dellala est, sopra le finestre che guardano nello stesso cortile.51 É probabile quindi che il distacco degli affreschi dalla camera del Paradiso sia stato eseguito tra il 1787, anno in cui termina la compilazione dellarchivio di Cassa Segreta (nella quale non compare alcun accenno ai dipinti che decoravano questa camera) e il 1804, quando, grazie alla testimonianza di Boccolari, possiamo affermare che nella rocca non rimangono più che scarsissime tracce dellantico fastoso apparato decorativo.
NOTE
1 Secondo recenti studi critici (G. Godi, Nicolò dell'Abate e la presunta attività del Parmigianino a Soragna, Parma, 1976, p.15) questultimo dipinto, a differenza degli affreschi delle vele, non è da attribuirsi a Nicolò ma ad un suo seguace a tuttoggi anonimo.
2 I dipinti che decoravano il cortile donore sono oggi completamente perduti e ne rimane traccia solo in due incisioni di Antonio Gajani pubblicate da Giambatista Venturi nel volume Storia di Scandiano (Reggio. E. 1822) e in alcuni schizzi a matita ed a penna conservati tra i manoscritti dello stesso Venturi (B.M.P.RE., Ms. Regg. A 53).
3 C. Cieri Via, Il luogo della mente e della memoria, prefazione in W. Liebenwein, Studiolo, storia e tipologia di uno spazio culturale, Modena, 1988, p. XI.
4 O. Baracchi, Ricerche di storia artistica reggiana, Reggio Emilia, 1993, p. 13-16.
5 S. Beguin, Mostra di Nicolò DellAbate, Bologna, 1969, p. 53.
6 M. Pirondini, La pittura del Cinquecento a Reggio Emilia, Milano, 1985, p. 139.
7 D. Cuoghi, La rocca di Scandiano nei progetti di Giovan Battista Aleotti; dalla rocca dei Boiardo al palazzo dei Thiene e dei Bentivoglio, Tesi di laurea, relatore Prof. Marcello Fagiolo, Università di Firenze, Facoltà di Architettura, AA 1991-92.
D. Cuoghi, La rocca di Scandiano nei progetti di Giovan Battista Aleotti, in Atti e Memorie, n° 11, Deputazione di Storia Patria per le Antiche Provincie Modenesi, Modena, 1994.8 A. Venturi, La Reale Galleria Estense di Modena, Modena, 1883, p. 327
9 LEneide di Virgilio dipinta in Scandiano dal celebre pittore Niccolò Abati, Modena, per Vincenzi e Compagno, M.DCCC.XXI.
10 B.M.P.RE., Ms. Regg. A 56, G. Venturi, Manoscritti relativi allEneide dipinta da Nicolò dellAbate.
11 Venturi cita infatti la testimonianza di uno scandianese che asserisce di avere visitato lambiente prima della demolizione. Su questa descrizione lo stesso Venturi avanza però delle perplessità in quanto il testimone sarebbe persona «priva di cultura nelle scienze e sembra non ricordi troppo bene i fatti».
12 R. Gandini, I luoghi del Gabinetto dellEneide e del Convito nunziale di Amore e Psiche nella Rocca di Scandiano, in La rocca di Scandiano e gli affreschi di Nicolò DellAbate, Reggio E. 1981
13 Ibidem, p. 87.
14 W. Liebenwein, Studiolo, storia e tipologia di uno spazio culturale, Modena, 1988, p. 85
15 Ibidem p. 86
16 E. Langmuir, Arma Virumque... Nicolò DellAbate Aeneid Gabinetto for Scandiano, in Journal of the Courtald and Warburg Institute, 1976, Vol. 39, p. 151-170.
17 Ibidem, p. 153
18 Ibidem.
19 R. Parma Baudille, I Cicli dellEneide, Scandiano, Rocca, Gabinetto di Giulio Boiardo, in Virgilio nellarte e nella cultura europea, Roma, 1981, p. 125
20 F. Valenti, Panorama dellArchivio di Stato di Modena, Modena, 1963.
21 A.S.Mo. Camera Ducale, Cassa Segreta n° 34796, 18 giugno 1772.
22 Per approfondire la figura di Pietro Termanini: cfr. scheda biografica in Gli Architetti del pubblico a Reggio Emilia, dai Bolognini ai Marchelli, catalogo della mostra, Reggio E. 1990, p. 303.
23 A.S.Mo. Camera Ducale, Cassa Segreta n° 34796, 24 giugno 1772.
24 A.S.Mo. Camera Ducale, Cassa Segreta n° 34690, 3 luglio 1772.
25 A.S.Mo. Camera Ducale, Cassa Segreta n° 34846, 6 luglio 1772
26 È possibile però verificarne il prezzo, confrontandolo con quello delle altre casse, in modo da avere una indicazione sulle misure di queste in rapporto alle altre. Le tre casse sentinate costano £30, quindi £10 cadauna, risultando più grandi, o più elaborate, di quelle che contenevano i canti dellEneide, costate ognuna £8. Mentre le quattro altre casse vengono fatturate complessivamente £16, quindi £4 ognuna, rivelandosi di dimensioni minori rispetto a quelle delle lunette e dei chiaroscuri costate £5. La cassa grande doppia costa invece £16 confermando così leffettiva grande capienza. Non viene citata una cassa realizzata in modo specifico per il piccolo ottagono del soffitto (cm 70 di diametro), e non è possibile immaginarlo allinterno della cassa doppia, la più grande di tutte; così si può ipotizzare che questo venisse posto in quella definita cassetta. Vengono citate otto sagome per li quadri del suffitto costate in totale solo £5, probabilmente intelaiature o elementi preparatori per il distacco di questi dipinti. Rimane da considerare il possibile contenuto delle tre casse sentinate, che si sono rivelate abbastanza grandi e costose. Queste essendo centinate potevano contenere elementi decorativi dalla forma curvilinea, come ad esempio le vele del soffitto, finora non citate.
27 A.S.Mo. Camera Ducale, Cassa Segreta n° 34796, 18 giugno 1772.
28 A.S.Mo. Camera Ducale, Cassa Segreta n° 34820, 9 ottobre 1772.
29 O. Baracchi, Ricostruzione del Camerino dellEneide, in Ricerchhe di storia artistica reggiana, Reggio E. 1993.
30 R. Gandini, op. cit., p. 91
31 A.S.RE., Archivio notarile G.B. Galletti, b. 483.
32 B.A.Fe., H5, Raccolta Aleotti, n° 160-161. La presenza di questi due disegni allinterno della Raccolta Aleotti, fatto che ha attivato la mia ricerca finalizzata alla tesi di laurea in architettura, mi è stata segnalata nel 1986 da Vincenzo Vandelli, che desidero ringraziare per la cortesia e laiuto prestatomi durante tutta la ricerca.
33 È possibile datare il progetto in base a una lettera di Aleotti datata 19 dicembre 1599, nella quale larchitetto afferma che a Ferrara «dormono le cose come al solito, et quando vi sarà il marchese di Scandiano spero mandargli il disegno de la rocha che questhuomo pensa di fare» (A.S.Mo. Archivi per materie, Ingegneri, busta n° 1, Aleotti).
34 Che si tratti della rappresentazione del primo piano è confermato, oltre che da numerosi particolari relativi ad ambienti censiti negli inventari, anche dal confronto con altre piante che raffigurano il piano terreno della rocca (A.S.Mo., Mappe e disegni, Topografie di città, n° 40, Pianta della Rocca di Scandiano, Progetto, circa 1615. Schizzo sul retro del disegno).
35 Le dimensioni di questo ambiente, e soprattutto la presenza allepoca di una grande finestra doppia affacciata sul cortile interno, portano ad escludere la possibilità di una sua identificazione con il Camerino dipinto. La presenza di finestre in quel punto è documentata oltre che dai recenti restauri eseguiti nel cortile della rocca anche da documentazioni fotografiche risalenti ai primi decenni di questo secolo. Queste fotografie (A.F.S.Mo., Vol. CXLII - 143-144) mostrano con evidenza come le grandi finestre architravate, oggi aperte soltanto sul lato sud, fossero presenti anche sui lati est e ovest del cortile.
36 Queste misure potrebbero apparire troppo grandi per un ambiente definito camerino, se rapportate alluso odierno, ma se osserviamo la pianta delledificio (tav. II) possiamo notare come in effetti il camerino sia una delle stanze più piccole.
37 R. Pallucchini, I dipinti della Galleria Estense di Modena, Roma, 1945 , p.56.
Uno degli episodi di storia romana raffigurati (ill. n°...) potrebbe riferirsi alla vicenda di Coriolano che, passato nelle file dei Volsci che combattono contro Roma, viene raggiunto dalla madre e dalla moglie che cercano di convincerlo a ritirarsi.38 Ibidem, p. 53-54.
La recente pubblicazione da parte di O. Baracchi della perizia redatta nel 1811 da Antonio Boccolari sui dipinti del Camerino conferma la natura apocrifa di queste due lunette (vedi nota n° 30).39 Le diverse relazioni redatte dagli intendenti ducali responsabili della rocca scandianese allepoca del distacco degli affreschi documentano sia le precarie condizioni del complesso che i numerosi lavori eseguiti per riparare tetti e finestre. Queste ultime risultano quasi del tutto danneggiate se non addirittura mancanti, tanto che «le piogge o nevi spesso dallimpeto dei venti spinte per quelle aperture consumavano i pavimenti e rendevano inabitabili simili siti meritevoli degli opportuni ripari» (A.S.Mo. Camera Ducale, Cassa Segreta, n° 38854, 1 giugno 1780).
40 R. Gandini, Lo stato di Scandiano e la corte di Giulio Boiardo nella prima metà del secolo XVI, in La Rocca di Scandiano e gli affreschi di Nicolò DellAbate, Reggio Emilia, 1981, p.78.
G. Prampolini, Gli affreschi di Nicolò DellAbate, in La Rocca di Scandiano..., cit., p. 10841 A.S.RE., Arch. Notarile Ippolito Bertolotti, b. 3529, 1620.
42 A.S.Mo. Camera Ducale, Cassa Segreta, n° 27302, 1750.
43 A.S.Mo. Camera Ducale, Cassa Segreta, n° 27303, agosto 1752.
44 A.S.Fe. Archivio Bentivoglio, Patrimoniale, Lib. 130-1.
45 B.M.P.RE., Archivio Turri, C 38, F. Morsiani, Supplemento alla Cronaca di Scandiano di messer Geminiano Prampolini, 1740 circa.
46 In particolare sono risultate utili quelle realizzata nel 1623 da Antonio Vacchi per documentare lo stato dei lavori al momento della morte del marchese Ottavio II Thiene (A.S.Mo. Mappe e disegni, Grandi mappe, n° 107, Pianta parziale della rocca di Scandiano, cm. 144x76), ed il rilievo di Pietro Marchelli del 1831 (A.S.RE. Archivio Marchelli, n° 1784-87).
47 B.M.P.RE., Ms. regg. A 53, G. Venturi, Scandiano
48 A.S.Mo. Camera Ducale, Cassa Segreta n° 34757
49 A.S.Mo. Camera Ducale, Cassa Segreta n° 35650
50 O. Baracchi, Il modenese Antonio Boccolari e larte di strappare gli affreschi dal muro, in Atti e Memorie, Deputazione di Storia Patria, serie XI, vol. VI, Modena, 1984.
51 Boccolari scrive infatti da Scandiano nel Maggio del 1804, esultando perchè «finalmente, dopo molte inutili ricerche per ritrovare un qualche dipinto in muro per tentare di levarlo, e così maggiormente assicurarmi delle sperienze da me fatte, mi sono portato a Scandiano, e visitatane attentamente il Palazzo, tra qualche ruina di pitture ho ritrovato un qualche pezzolo sul quale mi sembra che il tentar di levarlo non fosse per riuscire vano». Boccolari prosegue affermando che «tutte le migliori pitture di Nicolò dellAbate che vi ritrovansi furon depositate a Modena e a Sassuolo, di modo che ora non vi sono che pezzi sconnessi, rovinati, che non potranno giammai servire a cosa alcuna» e chiede alle autorità competenti di poter effettuare il distacco di alcuni di questi frammenti rimasti. Nel giugno dello stesso anno il Prefetto del Dipartimento del Crostolo approva la proposta così che il 3 luglio Boccolari si può recare allinterno della rocca, per un esame più approfondito di questi affreschi rimasti, assieme ad alcune altre persone incaricate dal Municipio di Scandiano tra le quali figura un notaio che compila una dichiarazione ufficiale.
Secondo questultimo documento «nel piano superiore di essa rocca, nel fabbricato posto a levante e che guarda con due finestre a ponente, nella corte predetta,[...] ad indicazione del cittadino Boccolari si osservarono nel fregio superiore della camera in giorno senza soffitto e ridotta ad uso di granaio, alcune testine dipinte da Niccolò Abbate e diversi altri ornati opera dei di lui scolari, di colore quasi perduto affatto e per la massima parte resi imperfetti dalle intemperie e dalla stagione e dai patimenti notabili causati dallincuria dei muratori fabbricantivi sopra e che hanno lasciata cadere a grande la calcina sui dipinti stessi». Successivamente le stesse persone passano ad osservare gli affreschi rimasti nella parete nord del cortile, che rappresentano «un guerriero sedente in trono con diversi consiglieri a lato, un militare pure sedente ai piedi del primo, un incendio di fabbricato ed una donna colpita da spavento in atto di fuggire con un fanciullo che tiene per mano» e «una statua colossale in nicchia, sottostante al precedente dipinto a color chiaro scuro verde rappresentante una donna che tiene nella mano sinistra una testa per i capelli sopra un vaso e nella mano diritta una sciabola in alto. Ha il capo volto allindietro in aspetto piuttosto truce».
I frammenti definiti alcune testine notati da Boccolari nellala est della rocca e descritti come di colore quasi perduto affatto non possono essere identificati con le sedici figure di musicanti delle vele del Paradiso, che presentano dimensioni ragguardevoli (cm 96x72 circa). Si tratta quindi di piccoli elementi pittorici che facevano parte della decorazione delle camere dei Boiardo, allepoca sventrate e ridotte a granaio, come documenta il rilievo eseguito da Pietro Marchelli nel 1831 (A.S.RE. Archivio Marchelli, n° 1785).
Altri studi di Diego Cuoghi su Scandiano: www.diegocuoghi.it/scandiano